N° 1/2018
Scient..

Early Treatment della III Classe associata a Macroglossia

Scopo del lavoro: La macroglossia è definita comunemente come un aumento di volume della lingua tale che sporga permanentemente dalla rima delle labbra. Può essere classificata secondo Myer in macroglossia generalizzata o localizzata, secondo Vogel in vera o relativa. L’eziologia più comune di una vera macroglossia sono le malformazioni vascolari e l’ipertrofia muscolare con associate malformazioni linfatiche linguali. Abbiamo voluto descrivere un caso di malocclusione di III classe dentale e scheletrica associato a macroglossia in un giovane paziente asindromico, valutando l’efficacia di un trattamento ortodontico intercettivo funzionalizzante associato a terapia chirurgica.

Materiali e Metodi

 

CASO CLINICO: 

Il paziente è stato visto a maggio 2010, all’età di 6 anni per carie destruenti a carico di molari decidui. In quell’occasione è stata notata la presenza di soprannumerario conoide in posizione centrale e previsto lo studio della malocclusione.

 

1°. Studio del caso ortodontico: Rilevate le impronte, raccolte le fotografie del paziente e dei genitori, la ortopantomografia e le teleradiografie latero-laterale e postero-anteriore, eseguite le cefalometrie e lo studio dei modelli di gesso, si espresse diagnosi di III classe scheletrica, con componente ereditaria, morso aperto, cross bite monolaterale destro e anteriore,  complicata da presenza di frenulo sublinguale corto, deglutizione infantile, macroglossia, pro-inclinazione degli incisivi inferiori, presenza di mesiodens superiore deciduo e permanente.

2°. Intervento ortodontico funzionalizzante: Si decise per un trattamento intercettivo per la III classe con Placca Funzionale Bracco e estrazione di mesiodens deciduo + 51-52 e 62 per liberare l’eruzione di 11 e 12 e insegnamento della corretta modalità di deglutizione al fine di eliminare l’abitudine alla violenta interposizione della lingua, che notammo superare il bordo inferiore del mento, in posizione estroflessa. 

 

3°. Intervento chirurgico: L’estrazione del mesiodens permanente venne  ritenuta opportuna prima dell’inizio della terapia e demandata per la posizione alta occupata nel pre-maxillae dal dente e per  la giovane età del paziente, all’epoca poco collaborante, all’Unità di Chirurgia Maxillo-Facciale Pediatrica degli Spedali Civili di Brescia,  in regime di anestesia generale, e venne eseguitol’8/03/2011.

 

4°. Intervento ortodontico funzionalizzante: Il 21/ 03/2011 fu consegnata al paziente la placca funzionale, con l’aggiunta di scudo vestibolare tipo lip bumper, molle di espansione laterali e scudi di protrusivada portare giorno e notte. Furono effettuati controlli mensili con l’attivazione delle molle di espansione laterali per la risoluzione del morso crociato e attivazione dell’arco inferiore tipo lip bumper per favorire la retrusione del gruppo incisivo inferiore. Il 26/02/2013, a chiusura del morso quasi ottenuta con sfioramento degli incisivi centrali, fu rivalutato il caso, su richiesta anche da parte dei genitori che facevano notare la difficoltà di Nicola a contenere la lingua dentro le arcate, la persistente dislalia e il continuo inumidimento del labbro inferiore per fuoriuscita della saliva ancora dovuta alla presenza di diastemi fra i denti.

 

5°. Intervento auxologico: Alla nuova consulenza richiesta all’Unita di Chirurgia Maxillo Facciale Pediatrica degli Spedali Civili di Brescia, hanno fatto seguito accertamenti auxologici per l’esclusione di eventuale presenza di sindrome associata a macroglossia e asimmetria volumetrica renale (il sx più grande)  concomitante e consigliati test genetici per sospetta sindrome di Beckwith- Wiedemann. Questa sindrome è caratterizzata da un’insieme di anomalie congenite e anormalità che si manifestano nel tempo. La prevalenza di questa sindrome è calcolata essere lo 0,07 ogni 1000 nati. Si considera che questo numero sia sottostimato rispetto al numero attuale di pazienti affetti da questa sindrome. Essi vengono all’attenzione dell’otorinolaringoiatra e al dentista soprattutto per il trattamento della macroglossia, che può talvolta impedire il passaggio dell’aria nelle vie aeree con le relative conseguenze di ipoventilazione alveolare, ipossia e ipercapnia e difetto della deglutizione che richiede una dieta particolare, oltre che lo sviluppo della malocclusione di terza classe e alterazione del linguaggio. L’intervento chirurgico è prescritto quando uno di queste condizioni si presentino, oltre che tener conto dell’impatto estetico derivante da questo aumento abnorme del volume linguale che rende l’aspetto del paziente simile a quello di un paziente affetto da ritardo mentale. Inoltre la funzione della lingua è importante sia per la deglutizione, che per la fonazione, per la respirazione, e, attraverso la spinta in senso sagittale e trasversale sui processi alveolari, essa influenza l’occlusione dentale e la crescita scheletrica facciale. La macroglossia può essere classificata come macroglossia vera quando è presente un allargamento della lingua e una macroglossia relativa quando non c’è abbastanza spazio nella cavità orale. Entrambe le condizioni sono genetiche o acquisite e la sintomatologia è proporzionale al livello della macroglossia e all’età del paziente. La macroglossia vera può essere originata da: ipertrofia muscolare idiopatica (conosciuta come sindrome di Beckwith- Wiedemann), malformazione vascolare (angioma, linfangioma), tumore (cisti, teratoma, mio blastoma, sarcoma, fibroma), processo infiammatorio (glossite, angina di Ludwig), edema allergico, alterazione farmacologica, disordine endocrinologico (gigantismo, acromegalia, mixedema), patologia infettiva ( tubercolosi della lingua) e dermatosi (pemfigo). Le macroglossie relative invece possono essere associate con sindrome di Down, con pavimento orale ricco di cisti e flemmoni, o con correzione ortodontica del progenismo mandibolare. In termini statistici, le cause  più frequenti sono ipertrofia muscolare idiopatica, sindrome di Down, linfangioma, angioma e fibroma. La diagnosi clinica di macroglossia è fatta sulla base di criteri soggettivi, come la morfologia e la protrusione della lingua, la fonazione, la deglutizione e le difficoltà di respirazione e la capacità di contenere la bava.  Secondo Ueyama e altri , la macroglossia può essere diagnosticata quando i margini linguali e l’apice sovrastano le arcate dentali o se ci sono segni dei denti sui margini laterali della lingua. Un’analisi della letteratura corrente rivela che c’è mancanza di uniformità di metodo fra i differenti autori riguardo allo studio diagnostico e strumentale della macroglossia e il programma chirurgico. Ueyama e gli altri riportano l’insufficiente completezza della diagnosi cefalometrica per poter fare diagnosi di macroglossia; contemporaneamente McKenna, Jabour, e Lufkin studiano la morfologia e la struttura della lingua e affermano che non esistono esami diagnostici validi che possano escludere la valutazione clinica. Dal test molecolare il paziente non è risultato affetto da alcuna sindrome, si è proceduto pertanto all’esame clinico del bambino che , per peso e altezza è stato collocato intorno al 90° percentile.  Alla RM della lingua non sono comparse alterazioni focali sia del corpo della lingua che del pavimento orale. La verifica di dimensione aumentata della lingua sia laterale che postero-anteriore, la presenza di dislalie, il dimorfismo mandibolare con crescita in 3 classe scheletrica, hanno fatto confermare la necessità di intervento chirurgico.

 

6°. Intervento chirurgico: Molte tecniche chirurgiche sono descritte in letteratura per risolvere i problemi estetici e funzonali della macroglossia. Esse possono essere divise in due gruppi: glossectomia lungo la linea mediana e glossectomia periferica. I tipi di interventi più eseguiti si svolgono nelle prime settimane di vita dei pazienti affetti da sindrome di Becwith-Wiedemann e prevedono ospedalizzazione, riduzione della lingua a “ buco della serratura”, accompagnate qualche volta  da tracheotomia per impedire l’ostruzione delle vie aeree e ulteriori interventi in epoche successive. Storicamente si iniettava acqua bollente nella lingua  per ridurre la sua grandezza e si riservava l’intervento chirurgico solo ai casi più gravi. Attualmente, la letteratura riporta molte tecniche  per trattare la macroglossia e preservare la funzionalità della lingua. La chiave per la maggior parte di queste procedure coinvolge la riduzione della porzione centrale e della punta della  lingua. Almeno ½ o 1/3 della lingua dovrebbe essere resecata davanti alle papille circumvallate per averne un’adeguata riduzione. Deve essere posta molta attenzione per evitare danni ai fasci neuro vascolari che decorrono inferiormente e lateralmente. Le tecniche di Pichler e Trauner, e di Kole nel 1965, furono unite per la prima volta da Egyedi  e Obwegeser e poi da Reichenbach. Il risultato di queste tecniche combinate permette  l’escissione del centro e della punta della lingua per avere un’adeguata riduzione sia in lunghezza che in larghezza, preservando il fascio vascolare e nervoso  e permettendo di ottenere la riduzione della lingua nelle tre direzioni dello spazio. In alcuni casi è stato riportato che i pazienti avessero parestesia della punta della lingua e sua ipomobilità dopo aver subìto questo tipo di intervento chirurgico. Altre tecniche proposte da autori successivi prevedono incisioni diverse; secondo Butline e poi Handley l’incisione deve andare da una zona retro molare all’altra, secondo Kruchinsky per conservare la punta della lingua, la parte più mobile e sensibile, la linea di sutura si deve spostare dalla linea mediana nella speranza di avere una migliore guarigione; più recentemente una resezione anteriore combinata con un’incisione circolare posteriore, conosciuta come “keyhole technique” (tecnica “a buco della serratura”) ha avuto risultati più favorevoli nel trattamento della macroglossia con una migliore cosmesi e  funzione delle vie aeree. Nonostante le varie tecniche descritte, la correzione deve essere  adattata individualmente. Una riduzione di successo consente alla punta della lingua di rimanere dietro al processo alveolare inferiore e lascia abbastanza tessuto per poter sporgere e permettere l’umidificazione delle labbra. Le complicanze simili a tutte le tecniche includono edema della lingua, deiescenza della ferita e infezione della ferita; in particolare l’edema della lingua richiede sia una intubazione prolungata che il blocco neuromuscolare e immobilizzazione del paziente. Nel caso di questo paziente la scelta della tecnica è stata condizionata dalla decisione di rimuovere un’ampia porzione di lingua mirando ad ottenere un buon risultato estetico e funzionale senza avere grosse perdite ematiche e compromissioni neuro-sensoriali, anche se la ripresa funzionale in questi casi può essere più lenta. Il 06/09/2013 è stato effettuato l’intervento di glossectomia parziale della lingua secondo Egyedi Obwegeser, con ricovero ospedaliero presso l’unità  di rianimazione pediatrica per 6 giorni. L’intervento è consistito nella riduzione parziale a V della punta della lingua e a losanga del corpo della lingua + ricostruzione dei piani mucoso e muscolare con sutura Vicryl 4.0. è durato 50 minuti e condotto con anestesia totale e intubazione nasotracheale; il paziente è stato sedato e curarizzato per due giorni, poi estubato e tenuto sotto controllo per altri  3 giorni. Poiché tutti i pazienti sottoposti a intervento di glossectomia parziale sono tenuti sotto controllo con follow up da 2 a 5 anni, (con controlli ogni 6 mesi per 2 anni e poi ogni anno per altri 3 anni), il paziente è stato inserito nel protocollo. Questi controlli servono a verificare che non ci sia recidiva, portando l’attenzione sui segni di denti che dovessero comparire sui margini laterali della lingua e la posizione della lingua all’interno della cavità orale, oltre a tenere sotto controllo i sintomi come la respirazione, la deglutizione, la fonazione, la sensibilità e la motilità della lingua.

7°. Intervento logopedico: Il 26/10/2013 ad un mese dall’intervento è stato fatta valutazione logopedica delle funzioni facio-oro-deglutitorie, con il Protocollo diagnostico funzioni orale (P. Andretta), che evidenzia la comparsa di un unico vizio orale, l’onicofagia, da circa un mese, probabilmente connesso ai risvolti psicologici legati all’intervento; nessuna presenza di parafunzioni. Sulla base dei dati raccolti, si evidenzia uno squilibrio muscolare orofacciale, caratterizzato da: deglutizione deviata con ipertono del muscolo mentoniero, associato a smorfie peri-orali, asimmetria e ipotonia del muscolo buccinatore, ipotonia del labbro superiore e dei muscoli temporali. Inoltre, la presenza di un’abituale postura linguale di inocclusione antifisiologica, da poco favorita dalla comparsa dell’onicofagia, e di una costante spinta linguale contro gli incisivi inferiori durante la deglutizione di saliva,  si ritiene potrebbero peggiorare ulteriormente la mal occlusione. Tuttavia, il quadro è complicato dagli esiti dell’intervento chirurgico di glossectomia, che, generando un nuovo assetto linguale, ha portato a delle modificazioni significative delle funzioni orali. Se, infatti, da un lato, la riduzione dell’ingombro linguale all’interno del cavo orale, ha favorito la comparsa naturale di una respirazione nasale, dall’altro ha peggiorato la funzionalità della lingua durante la fonazione, la masticazione e la deglutizione. Sebbene la produzione verbale risulti globalmente intellegibile, si evidenziano delle distorsioni nell’articolazione dei fonemi fricativi /s/, /z/ e /ƒ/ e del fonema plurivibrante /r/, dovute probabilmente a una ridotta motilità linguale post-intervento e, di conseguenza, a una minore precisione della lingua nel compiere quei movimenti fini, necessari per una buona articolazione verbale fonatoria. In conclusione, nell’impossibilità di intraprendere un protocollo di terapia miofunzionale completo, secondo Andretta, per estrema difficoltà nella gestione del movimento della lingua,  si è deciso di intraprendere un percorso di sua  rieducazione posturale mirato alla correzione della postura bassa a riposo e al rinforzo del muscolo orbicolare superiore.

8°. Intervento ortodontico: Sono state fatte aggiungere le molle dietro a 12-11-21-22 per poter guidare singolarmente la migliore posizione degli incisivi ed è stato ricominciato l’uso costante della placca funzionale che era stato sospeso, a causa dell’intervento di glossectomia dall’inizio di settembre per circa due mesi. Si è proceduto nuovamente con controlli mensili ed attivazione delle molle che abbracciano gli incisivi, fino ad avere una ulteriore correzione della loro posizione e chiusura del morso anteriore. Dopo 4 mesi dall’intervento si sono raccolte ulteriori impronte, fotografie e radiografie per la comparazione dei dati e lo studio dell’evoluzione del caso ortodontico.

 

9°. 28/07/2014 Terminato il ciclo di terapia miofunzionale della lingua il paziente ha portato ancora la stessa placca funzionale, eseguite nuove radiografie e fotografie per controllo del caso e continuazione della terapia. La logopedista osserva: cambiamento fisionomia del volto, buon controllo muscolare nonostante ci sia lieve interdentalizzazione della consonante “t”. Noi osserviamo: buona competenza labiale; presenza di diastemi fra gli incisivi con incisivo centrale di destra maggiormente inclinato; buon allineamento e netto miglioramento del piano occlusale. Il paziente ha ripreso serenità, sono scomparsi i tic nervosi comparsi subito dopo l’intervento (onicofagia, mancanza di attenzione a scuola, cambio della scrittura…); è vivace e viene riferita buona socialità. Il chirurgo osserva: Dorso e parte centrale della lingua assottigliata rispetto al controllo di gennaio; può ancora migliorare con continui esercizi di stretching. 

10°. Contenzione ortodontica: il paziente continua a portare la stessa placca funzionalizzante durante la notte, opportunamente adattata alla crescita delle arcate e si ripresenta alle visite di controllo semestrali.

Risultati: 

• Il morso si è chiuso anteriormente,

•  il cross bite monolaterale  e anteriore si è risolto,

•  la lingua è contenuta all’interno del cavo orale e ha ripreso una buona mobilità

 

Conclusioni: Il caso trattato rappresenta una evenienza rara nella pratica quotidiana ma ben dimostra come un pattern di crescita favorevole può essere perturbato da una alterata funzione muscolare e che la terapia intercettiva precoce, in associazione a precoci interventi chirurgici atti a diminuire lo scompenso muscolare, può contribuire a ridurre la malocclusione anche in presenza di gravi discrepanze dentali/scheletriche/miofunzionali. Siamo consapevoli che la certezza della stabilità a lungo termine non può essere garantita, il paziente dovrà essere monitorato nel tempo, ma anche se si presenterà una recidiva ortodontica o il paziente fosse candidato ad una futura chirurgia ortognatica, crediamo che la riduzione della discrepanza dento-alveolare e ossea possa contribuire a ridurre la complessità dei futuri interventi e possa migliorare la qualità di vita e di relazioni sociale ed umane del paziente altrimenti gravemente compromesse.

 

 

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Autore

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Claudia Tosi

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