N° 1/2018
Divulg..

Il contesto, questo sconosciuto

Il contesto ritengo sia una degli elementi emotivi più importanti, ogni cosa può assumere un valore diametralmente opposto a seconda del luogo, del momento, della tempistica, in cui viene detta o fatta. Per contesto intendo l’ambiente fisico, ma anche temporale.

Contestualizzando il tutto, quindi, il paziente, durante il suo percorso all’interno dello studio, transita attraverso degli step obbligati, attraverso i quali fa un’esperienza. Proviamo a pensare di essere noi il paziente, lasciando perdere la clinica che è scontato e necessario essere di ottimo livello, qual è la cosa che più ci aspettiamo di trovare? O meglio cosa ci fa dire quando usciamo dallo studio: “mi sono sentito bene, mi sono sentito capito, ho trovato sicuramente qualcosa di unico, di molto professionale”.

É la Coerenza, la coerenza tra le aspettative e quello che ho effettivamente trovato. 

Perché questo avvenga ci devono essere degli elementi che si muovono tra loro in sintonia, quali il personale (ben addestrato e felice di accogliere), i medici (che oltre ad essere bravi clinici rispettino le linee guida dello studio e sappiano vedere oltre la sola clinica), il tutto inserito in spazi, fisici e di tempo, corretti per quello che si vuole comunicare in quel preciso momento. 

Quali sono i momenti più importanti? I momenti in cui possiamo veramente fare la differenza? 

Sono 3 le aree spazio temporale determinanti, aree in cui il paziente decide se siamo “umani” se lo studio è attento alla sterilizzazione, se siamo professionali, se ci prendiamo veramante a cuore di lui e dei suoi bisogni / paure.

All’inizio del suo percorso, già dalla sala d’attesa ed il primo approccio con la segreteria ma soprattutto durante il colloquio conoscitivo. è importante non farlo in poltrona, altrimenti il paziente si sente già inerme, non alla pari. Più la sua situazione odontoiatrica è grave, maggiore sarà questo disagio. Ascoltare il paziente in un ufficio che abbia il “sapore” dell’anima dello studio, in cui si respiri il perché profondo dello studio, un ambiente in qui il paziente si senta libero di raccontarsi, di liberare le proprie paure e noi aperti ad ascoltarlo, in una posizione alla pari, darà inizio alla prima fase dell’alleanza terapeutica. Uno spazio da curare attraverso tutti i cinque sensi, in linea con l’identità dello studio. La dissonanza, la mancanza di armonia e di continuità già predispone in modo negativo. è una cosa spesso inconscia ma che alla fine del percorso va a sommarsi al “punteggio” che il paziente inevitabilmente ci dà. 

Quando poi ci trasferiamo nell’area clinica dobbiamo trasmettere la nostra capacità di risolvere quanto esposto come bisogno / timore attraverso la tecnologia, l‘organizzazione delle procedure, ma anche con un layout in linea con i messaggi avuti fino a quel momento. 

 

Il paziente che entra per la prima volta in un nuovo ambiente va guidato, sorretto, fatto percepire che è in un ambiente unico e studiato appositamente per dare a lui la maggior sicurezza e professionalità possibile.  

Perciò la parte “tecnica” deve essere tecnologicamente avanzata, con colori e forme adeguate, spazi non stretti ma neanche troppo ampi, attenzione assoluta alla pulizia perché elemento mentalmente associato all’igiene, con finestre che lascino entrare la luce, ma nel contempo diano riservatezza e con attenzione ai rumori, al tipo di musica. Odori assolutamente assenti. 

Il rapporto, giustamente, è meno in equilibrio, siamo più noi a condurre. 

Infine, la sala dove esporremo il piano di trattamento. Questa volta il paziente sta a fianco del clinico, la confidenza nel frattempo è aumentata. L’ufficio è più grande per consentire la presenza del partner o se si tratta di un bambino, di entrambi i genitori. Più monitor per poter mostrare contemporaneamente foto, radiografie, ma anche modellini per i pazienti più pratici ai quali piace toccare. Stampe su cui poter scarabocchiare assieme. Video animati per i più curiosi e tecnologici, ipad su cui lavorare e spedire subito i disegni. Segretaria sempre presente per condividere i vari passaggi ed emozioni. Nessuno può disturbare in questa zona in cui si conclude il percorso iniziato dal primo contatto. è in questi 3 differenti contesti in cui acquistiamo o perdiamo la fiducia del paziente. 

Nel primo il paziente è in esplorazione, ci guarda per capire e per vedere se possiamo essergli vicino. Se ci sono elementi di assonanza.

Nel secondo ci mette alla prova tecnicamente e sensorialmente visto che entriamo in intimità con lui. Ricordo che le fobie sono spesso le stesse: dolore, aghi, malattie.

Nel terzo ci arriva avendo già quasi deciso; dobbiamo farci trovare ancora più in forma e pronti a giocare la partita che già abbiamo avviato e che se siamo stati attenti porteremo ad un vinci - vinci. Quest’ultima parte non deve quasi mai essere svolta nello stesso giorno delle prime due. 

Deve essere contestualizzata in un momento diverso, tecnicamente ed emotivamente indispensabile.

 

Personalmente ritengo indispensabile che siano sale differenti, proprio perché l’uso che ne facciamo è diverso. Anche noi e le nostre segretarie - o Treatment Coordinator com’è più moderno - abbiamo bisogno di un ambiente dove trovare le stesse cose nel posto giusto e poter stare con il paziente anche un’ora senza il problema che altri possano disturbare. 

Anche questo è contesto. Del resto più un’azienda cresce più avrà bisogno di spazi di relazione. Uno studio moderno ha un’estensione clinica vera e propria inferiore al 50% del totale dei metri quadrati.

Ricordiamoci che i pazienti ci valutano da innumerevoli punti di vista e il giudizio finale, comunque in continuo movimento, non è la somma degli interventi e degli incontri avuti. Ogni passaggio ha un’importanza relativa e spesso quelli extraclinici possono avere una quotazione molto alta.

Cerchiamo quindi di porre molta attenzione anche all’ambiente contestualizzando il più possibile.

Autore

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Paolo Andriolo

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