Ma è mai possibile che un medico o una struttura sanitaria subiscano la chiusura dell’attività, possano avere responsabilità patrimoniali o, addirittura, penali, nel caso in cui utilizzino Dispositivi Medici (DM) con certificazioni di conformità CE non valide?
Siamo giunti al quarto appuntamento con questo editoriale per manifestare ed esternare quanto ulteriormente elaborato in seno alla collaborazione fattiva tra la Direzione Generale dei Dispositivi Medici di Confindustria, nella figura del Direttore Generale Dott.ssa Fernanda Gellona, e il Gruppo di Ricerca costituito in “Sapienza” dal Prof. Fabrizio Guerra nell’ambito delle attività proposte per il corso di Attività Didattica Elettiva (ADE) dal titolo di “Management della Professione”, tenuto nell’ambito dell’ultimo anno del Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria (Presidente Prof.ssa Livia Ottolenghi) della Facoltà di Medicina ed Odontoiatria (Preside Prof. Domenico Alvaro) ed insite nel Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo Facciali (Direttore Prof.ssa Ersilia Barbato).
La collaborazione tra le due istituzioni (Università e Confindustria) ha permesso di pubblicare, in questa rivista, diversi “focus” di rilevanza giuridica sulle diverse interconnessioni della normativa regolatoria dei Dispostivi Medici (MD: Reg. 2017/745/UE), promulgata dalla UE, e di quella regolatoria dell'esercizio dell’attività sanitaria, promulgata dalla Regione Lazio.
Proseguendo nell’analisi della tematica, questo editoriale prende di petto l’apparato sanzionatorio implicato nella “responsabilità del medico e della struttura sanitaria” che utilizzino DM con certificazioni di conformità scadute, dando un colpo d’occhio sia al fermo dell’attività sanitaria, regolato dalla Regione Lazio, e sia alle questioni “patrimoniali” e “restrittive”, proprie del diritto civile e penale, che entrano in campo nei casi in cui l’uso del DM “scaduto” danneggi la salute di un paziente e/o di un lavoratore addetto.
Si ringrazia particolarmente la Prof.ssa Gianna Maria Nardi per la lungimiranza della sua visione e per la volontà a proporre questa cultura al lettore di questa primaria rivista nazionale nel campo dell’Odontoiatria.
“Sì, assolutamente sì!” è la nostra risposta all’obiezione dei tanti odontoiatri e amministratori di società mediche che ritengono una vera follia sostituire un riunito che funziona benissimo, solo per una certificazione di conformità CE non valida.
Per mettere ordine nelle opinioni, per quanto imbiancate di buon senso esse possano sembrare, e che tentano di opporsi a questa nostra risposta, c’è da dire che qui, come in tante di quelle cose che regolano la vita sociale, più del bianco e corrosivo “buon senso” di calce viva, conta ciò che dice il diritto; e qui, il diritto dice cose che finiscono tutte nel vicolo cieco della “Responsabilità del medico e della Struttura Sanitaria” con le quali dobbiamo fare i conti.
Chi apre il sipario sulla “Responsabilità”?
Per farli bene, questi conti, è necessario muovere i passi nel “diritto” tornando, per un momento, al Reg. (CE) 5-4-2017 n. 2017/745/UE che abbiamo già incontrato nei numeri precedenti di questa rivista, ai quali rimandiamo il lettore, per ricordargli come sia proprio questo Regolamento che, nel definirsi “una lex specialis che va ad integrarsi nei requisiti generali di sicurezza”, ad aprire il sipario dell’uso dei DM scaduti, al mondo della Responsabilità del Medico e della Struttura Sanitaria.
A ben leggerla, questa autodefinizione del Regolamento non lascia dubbi sul fatto che la corretta gestione dei Medical Device (MD) sia possibile solo, e solamente, qualora siano conformi al diritto vigente tutti gli aspetti regolatori dell’Organizzazione della struttura sanitaria e questo perché essi convergono, a tutti gli effetti, nella sicurezza dell’atto medico che si costituisce con l’interrelazione tra paziente, sanitario e tecnologie sanitarie.
Stando così le cose, forse comincia a essere chiaro come l’evento avverso causale di danni ad almeno uno dei tre protagonisti (paziente, sanitario e struttura sanitaria) - normalmente accomunati dalla reciproca tutela da infortuni – alzi il sipario della scena sul diritto schierandoli su campi giudiziari avversari qualora “quella causale” sia riconducibile a omissioni alle leggi di sicurezza applicabili all’esercizio dell’attività medica.
Per quanto convincente possa essere questa prima conclusione, non c’è dubbio di essere sulla soglia della resa dei conti con il possessore di quel riunito pienamente funzionale dopo ben vent’anni di onorata carriera che, a questo punto, ci chiederà di dargli conto di quel nostro “Si!” iniziale, “mettendo giù le carte”, cioè le leggi sulle quali abbiamo fondato quel “Si!”.
Cosa dicono le leggi.
Senza andare troppo lontano, scopriamo le nostre carte ritornando allo scorso dicembre 2021, quando gli esercenti delle strutture sanitarie autorizzate (e anche accreditate, se del caso) del Lazio trasmisero, alla Regione, la Dichiarazione Sostitutiva di Atto Notorio (DSAN) per asseverare la sussistenza dei Requisiti Minimi Autorizzativi (e di Accreditamento), per mantenere i titoli di legittimazione ad esercitare l’attività sanitaria per tutto il 2022.
A ben leggere i “famosi requisiti minimi” (ben poco conosciuti, nella prospettiva di quel che riservano dietro le quinte del diritto, come lo vedremo), l’amico odontoiatra col riunito ventennale si accorgerà che il sipario del diritto si aprirà sul suo Studio quando, sfogliando i numeri precedenti di questa rivista, si accorgerà che il Regolamento 745/2017/ UE, dice, con lapidaria chiarezza, che i DM immessi entro il 25 maggio 2021 resteranno in corso di validità f ino alla data di scadenza dei loro certificati di conformità il che, per quel che ha a che fare con i requisiti minimi, vuol dire due cose: 1) che un DM munito di certificato scaduto può continuare ad essere utilizzato in quanto il certificato è fondamentale nella fase d’immissione e non in quelle successive; 2) che, in ogni caso, non si potranno più utilizzare quei DM in uso dopo la data di scadenza stabilita dal fabbricante. Ed è così che la prima entrata in scena del diritto si apre sull’apparato sanzionatorio che sta sotto a quella famosa DSAN con la quale ci dovremo confrontare, d’ora in avanti, entro il 31 dicembre di ogni anno.
Cerchiamo di conoscere la parte che reciterà il diritto!
In primo luogo, essa consiste nell’avere affermato, con la sottoscrizione, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio falsa; falsa perché il nostro amico odontoiatra ha ben dichiarato di avere in uso un riunito, DM necessario per mantenere l’autorizzazione dello studio, quando non poteva dire una cosa del genere e non poteva dirla per quel famoso certificato che decretava, per le ragioni del Regolamento Europeo, che l’altrettanto famoso riunito ventennale, per quanto invidiabilmente a tutt’oggi performativo, non può e non deve essere utilizzato: una dichiarazione falsa, quindi, che assevera che c’è un oggetto del diritto (il riunito) che il diritto non riconosce fungibile allo scopo di garanzia dei “Requisiti Minimi” perché lo dice il Regolamento UE.
La scena che metterà in campo il diritto sarà una sanzione amministrativa che va da 200,00€ a 12.000,00€, con importi e modalità che deciderà l’organo di vigilanza e controllo deputato all’accesso ispettivo.
Dopo questa “prima entrata in scena”, quel “primo luogo”, di cui sopra, inquieterà, e a ragione veduta, il nostro amico odontoiatra dal riunito scaduto, perché, certamente, egli si chiede ora: “quale possa essere il “secondo luogo?”.
Per soddisfare questa legittima curiosità dobbiamo scavare nelle pieghe, o meglio, negli articoli del Regolamento regionale 6 novembre 2019 n. 20, Lazio che dice non solo come si attui, correttamente, la Legge regionale 03 marzo 2003 n. 4 - la mamma del sistema autorizzatorio delle strutture sanitarie del Lazio – ma anche quel che succede qualora non sia correttamente attuata, aspettando al varco non solo l’amico odontoiatra del riunito ventennale, ma anche tutti quei colleghi medici tentati di affermare che il buon senso della realtà non ha molto a che fare con il diritto.
Cominciamo dunque andando incontro al famoso art. 16 del regolamento laziale (non quello europeo) dove incontriamo quella DSAN annuale, d’ora in avanti tassativa, e che non ci dice nulla di nuovo; ben diverso è l’articolo 17 che lo segue e che, dopo una serie di approfondimenti ispettivi sparsi nei primi quattro commi - tra i quali le condizioni di chiusura dell’attività medica – lascia trasparire quel “inquietante secondo luogo” di cui sopra, quando nel quinto comma leggiamo: “La sospensione dell’autorizzazione all’esercizio è disposta, inoltre, in via cautelare, nel caso di provvedimenti sanzionatori di rilevanza penale o amministrativa, adottati dall’autorità giudiziaria, nei confronti del soggetto giuridico autorizzato, del legale rappresentante o dei titolari di quote o azioni di maggioranza, per situazioni direttamente connesse all’attività sanitaria o socio-sanitaria svolta.”.
Nel leggere di quell’azione cautelare della sospensione dell’attività nel caso “di provvedimenti sanzionatori di rilevanza penale o amministrativa, adottati dall’autorità giudiziaria”, è del tutto evidente che abbiamo incontrato una disposizione di legge che sembra fatta a pennello per quella circostanza in cui un paziente o un lavoratore abbiano patito un danno in una “scena del fatto” in cui era parte in causa un DM con certificazione scaduta.
Notiamo come la legge… (espressione regolatoria del diritto che ben poco ha a che fare con le opinioni personali), dica chiaramente che, qualora la situazione abbia delle rilevanze penali, l’autorità deve disporre non solo la chiusura dell’attività ma se la va a prendere anche con gli amministratori delle società e… niente po’ po’ di meno che con i soci (anche se azionisti) della stessa società; “una cosa anti questo e anti quello”, diranno i più, sulla quale ci esprimeremo in un prossimo editoriale dopo avere sgomberato la strada del diritto dalle emozioni impastate di bianche opinioni di calce viva.
Tornando a noi, però, dobbiamo riconoscere che proprio per il decisivo sostegno di quell’articolo 17 al nostro “Si” inziale, possiamo tentare un primo approfondimento dei dati di fatto, cioè delle situazioni concrete, che fanno entrare in scena il diritto, in questo caso penale, per un verso, cercando gli ambiti di quei provvedimenti sanzionatori di rilevanza penale o amministrativa e, per altro, presentando, quantomeno, dei dati statistici probatori.
Per dare conto del “primo verso”, diciamo subito che gli ambiti che cerchiamo sono costituiti proprio da quell’integrazione tra i requisiti di sicurezza dei DM con quelli altri requisiti generali della struttura sanitaria, integrazione chiamata in causa dall’autodefinizione del Regolamento Europeo (questa volta); integrazione che, a ben vederla, la dice tanto lunga sulla centralità dell’organizzazione della sicurezza del lavoro da chiamare all’appello: il D. Lgs 81/2008 – il padre della sicurezza del lavoro in Italia - e le diverse altre norme che gli sono interconnesse (radioprotezione, antincendio, ecc.), tutte dotate di un poderoso apparato sanzionatorio penale che, per alcuni specifici casi, ammette all’oblazione amministrativa pur di aver rimosso per tempo le “non conformità”.
Quanto poi all’altro verso che dà conto della centralità della questione sicurezza, nell’ambito dei dispositivi medici, mentre i dati statistici qui sotto ci dicono molto della storia passata:
non di poco conto sono gli indicatori della storia futura che possiamo sbirciare dando un’occhiata all’apparato sanzionatorio nel testo di D. Lgs approvato dal Consiglio dei ministri e in iter di approvazione parlamentare, dove, all’articolo 27, le sanzioni a quattro cifre sono una minima parte, rispetto a quelle che fanno la parte del leone, con ben cinque cifre. Tutto questo ci riporta al focus dei nostri editoriali: ricordare ai nostri lettori di dare conto (loro e non noi, questa volta) della corretta applicazione dell’interconnessione tra i diversi ambiti del diritto regolatorio della gestione delle strutture sanitarie, di cui i MD sono, a tutti gli effetti, la “cartina al tornasole”… un test di acidità capace di dimostrare, nelle cause con deriva penale per i danni subiti da un paziente o da un lavoratore che, effettivamente, sia stato rispettato il diritto fondamentale alla tutela Salute, e questo per la semplice ragione di avere adempiuto a tutto quanto richiesto dalle leggi applicabili alla struttura medica.
Forse forse, se ci pensiamo un momento, in vista della posta in palio, la tutela della salute, il legislatore ha deciso di coinvolgere nel procedimento penale del danno causato, persino i soci della società di gestione della struttura medica, quasi quasi a dire loro “ma voi che avete approvato il bilancio, avete chiesto conto, ai vostri amministratori, di avere adempiuto alle leggi regolatorie della sicurezza?”…ma di questo, come abbiamo detto più sopra, un’altra volta!
Per maggiori chiarimenti contattare il Prof. Fabrizio Guerra alla e-mail: fabrizio.guerra@uniroma1.it
Note di chiusura
I Regolamento, punto (16), parte introduttiva.
II Per dirla concretamente, qui, qualcosa ci dice che applicare il Regolamento, per quanto sia necessario per garantire la sicurezza e la salute di pazienti e lavoratori, questa, di fatto non è garantita qualora non siano conformi al diritto vigente, gli altri diversi aspetti della relazione tra struttura sanitaria, sanitario e paziente, ad oggi opportunamente regolati: dagli aspetti autorizzativi, promulgati dal D. lgs 502/1992, ambito che, dal gennaio 1992 al dicembre 2021, la giurisprudenza ha attenzionato con 120 massime e 5.813 sentenze; dall’uso di Linee Guida accreditate di diagnosi e cura, promosse dal DM Salute 27/02/2018; dal Consenso Informato, di cui tratta la L. 22 dicembre 2017 n. 219 - ambito che, dal gennaio 2001 a dicembre 2021, la giurisprudenza ha attenzionato con 450 massime e 5.777 sentenze; dalla Responsabilità Professionale, di cui si è occupata la L. 08 marzo 2017, n. 24; dalla sicurezza sul lavoro, regolata dal più remoto, ma non più di tanto perché costantemente aggiornato, D. lgs 09 aprile 2008, n. 81 che, dal gennaio 1994 al dicembre 2021, la giurisprudenza ha attenzionato con 7.010 massime e 62.582 sentenze, fino al più recente D. Lgs 31 luglio 2020, n. 101 regolatorio della Sicurezza dei Lavoratori e dei Pazienti dalle radiazioni ionizzanti e… dal D. Lgs 31 luglio 2020, n. 101 per la radioprotezione; e delle tante e tante altre disposizioni regolatorie, tutt’oggi vigenti nell’ambito della sicurezza, della salute e dell’ambiente (HSE), che si compendieranno in una certificazione di cui è lecito presumere che, prima o poi, gli esercenti di attività sanitarie dovranno munire le loro strutture.
III Ministero della Salute, Rapporto sulle attività di vigilanza sui dispositivi medici – Uff icio 5°, 31 marzo 2022, p. 11